L’emergenza coronavirus rende necessarie politiche economiche eccezionali

L’urgenza di politiche straordinarie

La pandemia da coronavirus comporterà costi economici molto rilevanti, anche se difficilmente quantificabili, in tutti i paesi europei. Il blocco della maggior parte delle attività produttive, necessario per contenere la diffusione della pandemia, avrà effetti immediati sulla produzione e sull’occupazione. Effetti che, come tipicamente accade nelle recessioni, tenderanno ad amplificarsi per la caduta della domanda globale di beni e servizi. Stime realistiche sono, al momento, impossibili. Se l’emergenza dovesse prolungarsi, è possibile, tuttavia, che l’impatto cumulato della crisi in termini di perdita di produzione e di occupazione sia paragonabile, se non superiore, a quello verificatosi durante la grande recessione del 2009.

Ci sono poi le conseguenze sulla finanza statale. Inevitabilmente, i provvedimenti fiscali deliberati dai governi per fronteggiare l’emergenza si rifletteranno sui conti pubblici. Il loro impatto graverà, in particolare, nei paesi con livelli d’indebitamento elevati. È il caso dell’Italia, in cui il rapporto tra debito e Pil sfiora il 135%. Per effetto congiunto della riduzione delle entrate fiscali, conseguente al calo della produzione, e dell’aumento della spesa, l’indebitamento statale è destinato a crescere.

L’aumento del rapporto debito/Pil rappresenta un vincolo per l’adozione di ulteriori misure fiscali che, eventualmente, dovessero rendersi necessarie per stimolare l’economia. La «sospensione» del Patto di stabilità, pur consentendo agli stati di deviare temporaneamente dagli obiettivi di bilancio fissati prima della pandemia, non elimina tale vincolo.

Finanziare la spesa pubblica in emergenza

In questo scenario, le politiche monetarie adottate dalle banche centrali rischiano di essere scarsamente efficaci. Nel caso della Bce, l’acquisto di titoli di stato sul mercato secondario attraverso il quantitative easing può calmierare i tassi d’interesse, ma non può evitare che il livello d’indebitamento dei paesi aumenti. Come accaduto negli ultimi anni, anche le misure dirette a fornire liquidità alle banche rischiano di avere ricadute modeste sull’economia reale. A fronte di una crisi da domanda che si preannuncia prolungata, anche con tassi d’interesse molto bassi, le imprese rinviano i loro piani d’investimento, rendendo inefficace lo stimolo monetario.

Nel contempo, la riduzione delle vendite, e di conseguenza dei ricavi, accresce il fabbisogno finanziario delle imprese che devono, comunque, coprire le spese correnti. Ma, poiché la riduzione dei ricavi ne deteriora i bilanci, aumentandone le probabilità di fallimento, le banche hanno difficoltà a finanziarle per evitare che i loro crediti possano deteriorarsi. Come conseguenza, la crisi di liquidità delle imprese tende ad accentuarsi e le probabilità di fallimento aumentano.

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