Tecnica e morale. Una riflessione sull’intelligenza artificiale

Si discute molto dell’impatto che l’Intelligenza artificiale (AI) avrà sull’occupazione. Pensate invece alla guerra.
L’applicazione dell’intelligenza artificiale alla guerra, porterà ai massimi livelli il processo di separazione tra uomo e strumento, tra morale e tecnica, avviatosi con l’organizzazione tayloristica dei campi di concentramento, con i bombardamenti delle città durante la Seconda guerra mondiale e proseguito con le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, con l’irrorazione dei villaggi vietnamiti col napalm e con mille altri omicidi di massa.
La separazione tra uomo e tecnica si è spinta oltre. Oggi, il missile o il drone che uccide soldati e civili è comandato a distanza di centinaia, talvolta migliaia di chilometri. Il soldato (il tecnico) non uccide conficcando una baionetta in un corpo, né puntando un fucile a un uomo nel cui sguardo legge la vita o il terrore.
Quel soldato (quel tecnico) non vede affatto gli uomini, le donne o i bambini a cui toglierà la vita. Ciò che osserva è un obiettivo su uno schermo; ciò che sente non sono voci umane, ma quella di un computer; ciò che preme è un tasto. Ciò rende più facile uccidere e rimuovere il problema morale insito nell’omicidio.
Pensate ora all’intelligenza artificiale applicata agli strumenti di guerra. Attribuendo l’azione a “sistemi d’arma autonomi”, ogni superstite scrupolo morale verrà finalmente eliminato.

Vittorio Daniele